A D V E N T U R E
Sailing Yacht
Grand Soleil 343
Italia – Croazia – Montenegro – Grecia – Turchia
Agosto – Ottobre 2008
Lat. 36° 51’ 04N Long. 028°16’63E Cari Amici, Questo è il Diario di bordo di Adventure, che non vuole essere un’opera letteraria, ma un sintetico promemoria delle emozioni, oltre che dei luoghi e delle persone che ne hanno fatto parte. Ho cucito insieme gli appunti del diario, con l’intento di rendere più snella e piacevole la lettura, spero di esserci riuscito.
4 agosto 2008 Marina di Ravenna Dopo tre giorni di lavoro ininterrotto per mettere in grado Adventure di navigare senza problemi, dopo tre anni di fermo, finalmente arrivo alla fine delle cose elencate nella lista ‘cose da fare prima della partenza ’, tralasciando la più lunga lista di quelle non urgenti, che possono essere fatte anche durante la crociera. Arrivano Licia, Laila e Alberto, che si occupano della cambusa, e alle 18 circa lasciamo l’ormeggio del Pier12 e via dal distributore, giusto in tempo per fare il pieno di gasolio. Ci fermiamo a mangiare ormeggiati nella darsena della Finanza, e poi ormai fatto di stanchezza, decido di riposare qualche ora, prima di iniziare la traversata. In fin dei conti, penso, ci possiamo anche fermare e ripartire domani mattina presto perché, io non sono superstizioso, ma partire di martedì non porta bene.... quindi posso stare tranquillo perché il nostro ormeggio al cantiere lo abbiamo mollato il lunedì, e vado a dormire. Mi sveglio alle tre, e alle 3,30 siamo in mare, poco vento, si va di motore. Alberto che mi ha sentito partire mi tiene compagnia in pozzetto. La serata non è di quelle bellissime, ma la luna è quasi piena e lo spettacolo del mare di notte ha un suo fascino speciale. Rotta 088 verso Lussino, circa 100 miglia, dove faremo dogana per entrare in Croazia. Tre ore di motore poi una bella brezza e su il genoa, poi su la randa, è quasi giorno e i delfini vengono a farci un saluto, si vedono appena nella penombra dell’alba. Un piccoletto si mette a giocare con la prua, si fa spingere dall’onda della barca, poi emerge per prendere aria, ed il suono del suo respiro lo fa sentire ancora più vicino. Non so cosa ci sia in questi animali che li rendono così graditi a chi va per mare, ma il loro arrivo è sempre una festa. Il vento cala e sale il Gennaker fin verso le 14, quando il vento se ne và e con lui le vele. Accendo il motore e.. apriti cielo!! Suonano gli allarmi e vedo una fumata bianca salire dal tubo scappamento, mi getto sulla leva di spegnimento motore come un avvoltoio sulla sua preda. Dentro di me una vocina che dice.. secondo me si sono accorti che non siamo “veramente” partiti di lunedì.. Apro il vano motore e in pochi istanti ho la diagnosi, la girante della pompa dell’acqua è bruciata. La sostituisco e in meno di mezz’ora siamo di nuovo in navigazione. E bravo Tile, sempre con tutti i tuoi ricambi! Arriviamo a Lussino dopo 18 ore di navigazione e il porto è pieno. Ci ormeggiamo (gratis) di lato ad un barcone che ci invita ad accostare, che gentili, grazie a loro ci godiamo lo spettacolo dei fuochi artificiali (molto belli) in prima fila e sopravvento al fumo e ai lapilli che invece cadono sulle barche ormeggiate ai pontili del marina. La mattina ci trasferiamo al pontile per spesa e rifornimenti d’acqua ed elettricità, sempre a gratis. |
6 agosto. Dopo un trasferimento tutto motore, pranzo in pozzetto con tanto di tavolo apparecchiato, sotto il tendalino al riparo del sole cocente, arriviamo a Brbinj (44°04’N 015°00’E), uno dei posti a noi caro. E’ una baia che si chiude su se stessa, sulla destra entrando c’è un ormeggio fatto da boe e cima a terra, con gli alberi che incorniciano la baia. Quest’anno il mare è più caldo del solito, ben 23 gradi e l’acqua è così limpida da poter vedere a molti metri di profondità il fondo. Non ci sono boe libere, ma non ci arrendiamo e ci ancoriamo tra due barche con cima a terra, e scopriamo che in questo modo possiamo pernottare a gratis!
7 agosto. Fotocopia della giornata precedente, niente vento, motore, tendalino, pranzo in pozzetto, vita dura per questi croceristi che, a parte me, sono tutti contenti. Discendiamo l’isola lunga, fino a Katina, l’unico passaggio tra Dugi Otok e l’Incoronata, che ti permette di andare sul lato ad Ovest delle isole, normalmente più ventoso. Tutto motore fino a Zakan (44°43’49”N 015°25’95”E) dove in una minuscola isola c’è un bel ristorante, il più “in” delle Incoronate. Si mangia discretamente bene, sotto una bella tettoia che si affaccia sul mare, una bella apparecchiatura ed il menù stampato con il nome della barca, per ‘solo’ 50 Euro a testa... ma l’ormeggio è rigorosamente gratis! 8 agosto Una data che va scritta così, da ricordare. Si naviga fuori delle isole verso sud, sempre a motore, San Volvo nostro protettore. Tentiamo di fare gasolio a Rogoznica, ma scopriamo che non c’è il distributore. Ci fermiamo a Veli Dvenik (43°27N 016°07’E, 200 miglia percorse) un’altra isola dove c’è un porto non ultimato e si ormeggia rigorosamente a gratis (cominciamo a farci l’abitudine) c’è anche un discreto ristorante (Atelier Tramontana) dove si mangia con menù fisso o carne, di solito agnello, o pesce, chiaramente di frigo, ma ben cotto sulla brace.
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9 agosto
Passiamo da Trogir per fare gasolio e per una scelta errata facciamo più di un’ora di attesa al distributore, siamo tutti nervosi, e io solo un po’ incazzato. La giornata non butta bene. Passiamo a nord di Solta e ci dirigiamo verso San Klemente (rotta 135°), un’isoletta deliziosa davanti a Hvar. Finalmente una bel vento al traverso di 15/20 nodi ci obbliga a dare la prima mano di terzaroli, andare a vela è tutta un’altra cosa. Il mare è un po’ formato e la navigazione si fa più impegnativa e godereccia, qualche schizzo disturba i croceristi, ma non si può avere tutto! Troviamo uno degli ultimi posti in porto, all’ ACI Marina (43°09’87”N 016°23’78”E), fortunatamente, perché la situazione richiedeva un momento di decompressione.
Il porto è immerso nel verde in un piccolo golfo con pontili galleggianti e un’acqua così pulita che la barca sembra sospesa nell’aria. La sera prendiamo il traghettino, che fatica non poco a fare il tratto di mare con l’onda al traverso, e andiamo a cena a Hvar, una bella cittadina veneta in mano croata, che non la meritano per niente. Pietre bianche e.. culo nero, dicono i veneziani. Il lastricato quando è bagnato è particolarmente scivoloso, ma oggi non corriamo questo rischio, tramonto da cartolina e temperatura gradevole. Si mangia al ristorante Pirata di una franco-americana con una deliziosa figlia parigina come sottolinea lei. Si mangia bene e si spende il giusto (35€ cad). |
10 agosto Si lascia l’ormeggio di Palmizana con dispiacere, ma dobbiamo andare a sud, e io sono intransigente, bisogna andare. Il mare è ancora mosso dal giorno precedente, e il vento in aumento. Finalmente un giornata di vela come si deve. Verso le 14 il vento supera i 20 nodi ma siamo al gran lasco e Adventure da il meglio di se, tolgo la randa e lascio il genoa che tira come un mulo e ci fa volare a 7 nodi, 7 ½, ed in fine 8,05 velocità massima raggiunta. La ciurma è un poco sballottata, ma arriviamo a Korciula con una bella media e troviamo anche un posto in porto, non dopo aver fatto un po di casino. Serata fredda e piovosa si mangia discretamente in uno dei ristoranti suggeriti dal ‘Giorgiolano’ (opera eccelsa di Giorgio Balich), Konoba Marinero, ma il vino suggerito dall’oste è da dimenticare. |
11 agosto Prima di partire vado al mercato per comprare della frutta e torno con una magnifica piantina di basilico, per la gioia di Licia. Ci trasferiamo a motore a Miljet nella baia di Polace (43°47’32”N 017°22’87”E), completamente chiusa al mare e piena di ormeggi di ristoranti che ti danno sì gratis acqua e luce, ma poi te li rifanno ripagare nel conto della cena, decidiamo di stare alla fonda ormeggiati con cima a terra, l’acqua è invitante e ogni scusa è buona per farsi un bagno, dietro di noi una bella pineta, davanti tutto il golfo pieno di barche. Vanno tutti a terra a fare una escursione, mentre io lavo tutto lo scafo di Adventure che ne aveva veramente bisogno, con tutte quelle orribili strisciate nere delle piogge acide di Ravenna! Da lontano adesso sembra tutta bianca e pulita. Tornano gli escursionisti stanchi e vogliosi di una doccia, decidiamo di cenare a bordo,è una serata magica, niente vento, il canto delle cicale (ci vuol coraggio a chiamarlo canto), le stelle, mare lagunare, e a chi non piacerebbe una serata così?. |
12 agosto Di mattina l’acqua è un po’ freddina, ma come si fa a non fare un bagno nudi appena alzati? impossibile. Ripartiamo a motore per poche miglia, 12, per andare nella baia di Okukje (ma che ‘azzo di nomi!) dove troviamo i nostri amici di Lampalo, un ristorante che ha un buon ormeggio riparato anche alla Bora (42°43’64N 017°40’18E entrando sulla destra, in fondo, l’ultimo molo), che ci accoglie offrendoci uno strudel caldo veramente buono.
Si cena sulla terrazza di casa, adibita a ristorante, una quantità esagerata di cose, fra tutte, la Pecha una cottura lenta sotto una campana in ghisa, con brace ardente a ricoprirla. Il capretto è delizioso, il polpo eccezionale, si strugge in bocca, il sarago alla griglia perfetto, due bottiglie di vino e un sacchetto di avanzi che ci mangeremo il giorno dopo. Prezzo 750 Kune circa 100 Euro. Il miglior “ristorante” della Croazia. |
13 agosto Tutti vorrebbero restare a Mljet un giorno di più, ma il Capitano incombe e non molla “si va a Sud!” Abbiamo un programma intenso di nuovi posti da vedere, ed il prossimo porto, Dubrovnik, merita uno stop di due giorni. Anche oggi il vento scarseggia, vela e motore per fare le 23 miglia che ci separano dalla bella Aci marina (42°40’27N 018°07’32E) in fondo al golfo a nord di Dubrovnik. Arriviamo al porto e per la prima volta un addetto, in modo molto sgarbato, ci assegna un posto che non ci piace (speriamo che non sia il segno di un cambiamento, purtroppo ben noto a noi italiani). Licia, con la sua determinazione dopo un po’ riesce a convincerne un’altro a cambiarci di posto, per la sua gioia... e meno della mia che devo rifare l’ormeggio. Prendiamo il bus per andare a Dubrovnik, stupenda città che è tutto meno che croata, sembra di essere in veneto, anche se Ragusa è stata per lungo tempo indipendente da Venezia, che per centinaia di anni ha tentato in tutti i modi di soggiacerla, riuscendo a farlo solo dal 1200 al 1350 circa. Ragusa fu talmente potente che intorno al 1500 era la terza potenza navale del mondo occidentale. Fu Napoleone all’inizio del 1800 a terminare la vita di questa antica repubblica, così come di tante altre. La città è talmente piena di turisti che soffre dello stesso problema di sovraffollamento come Venezia o Firenze stessa. Peccato perché diventa tutto più difficile in particolare per me che sono intollerante alla folla. Restiamo al Marina per due giorni e oltre che visitare la città i croceristi vanno al mercato tornando con sacchi pieni di cibi, che stiviamo un po’ ovunque, con non poche difficoltà, e approfittiamo della presenza di una lavanderia per fare un bel bucato. Nel pomeriggio siamo stanchi e passiamo un po’ di tempo in piscina, tento per cambiare. |
15 agosto Come di norma sono il primo ad alzarmi, dormo poco, e per questo sono spesso stanco, ma ancora non riesco a togliermi di dosso il peso e lo stress degli ultimi anni. Alle 7 sono già in navigazione mentre i croceristi dormono. Si svegliano quando fuori dal golfo troviamo onda e vento contrario. Dobbiamo fare 50 miglia per arrivare in Montenegro, non sarà una giornata tranquilla. Ci fermiamo a Cavtat per fare dogana di uscita dalla Croazia, a me è sembrato un posto carino, ma sono stato l’unico a dirlo. Ripartiamo al volo e cominciamo la discesa che poi è stata una risalita. Vento contro, mare contro. Alberto che è sempre pronto a far battute, anche se a volte dobbiamo farcele spiegare, se ne esce con una delle sue, e rivolgendosi alla Laila, che per coprirsi i capelli si era messa una fascia a mo’ di turbante, esclama: “tu mi sembri una papessa” ...sbang! un calcione dato da Laila con gran forza allo stinco di Alberto lo zittisce e poi guardandolo a mala pena gli dice “zitto, oggi non è giornata”, causando un’esplosione di risate da parte di quasi tutti noi. In effetti non lo è stata, vento poco e contro, mare contro, tutto motore per 30 miglia, poco confort e tanti schizzi per tutti. Arriviamo all’ingresso del golfo che porta alle bocche di Cattaro quando finalmente possiamo mettere la poppa al vento ed entrare in Montenegro, il mare si spiana, la barca si asciuga, torna il sorriso sulla bocca di tutti. Ci fermiamo a fare dogana appena all’ingresso del golfo (42°26’98N 018°34’26E). (Ho poi saputo che è consentito fare dogana direttamente a Cattaro). I doganieri sono cortesi e sorridenti; faccio il permesso di navigazione presso la capitaneria, in un locale malandato con l’intonaco che cade, ed i giornali distesi sopra le sedie per ripararle dai calcinacci, ma c’è il computer, la stampante, tutto funziona, e in poco ottengo il permesso e la bandiera del Montenegro gentilmente offerta. Sono quasi commosso da questa attenzione, in effetti la bandiera l’avevo cercata in tutti i porti ma non ero riuscito a trovarla. Lo considero un segno benaugurale. Proseguiamo verso le bocche di Cattaro a motore ed entriamo nel primo mare interno, lo scenario si modifica velocemente e il verde comincia a dominare sul blu del mare. Passiamo le bocche con facilità, senza corrente e senza vento, ed entriamo nel secondo mare interno. Ci sono due minuscole isolette, una con una chiesetta l’altra con un cimitero ed una cappella, sono veramente suggestive, intorno le montagne sono sempre più alte, ormai oltre i mille metri, dando al luogo un sapore di lag alpino, e il mare esterno, che abbiamo appena lasciato appare lontano mille miglia. |
Arriviamo a Cattaro (42°25’50N 018°46’00E), una piccola città fortificata naturalmente fatta dai Veneziani, e chi altro?! Le mura salgono verticalmente dal mare fino a circa 3/400 metri di altezza creando un anello che probabilmente rendeva impedibile la città. Ormeggiamo in banchina, luce ed acqua sono disponibili, pagando 5 Euro. La sera andiamo ad un ristorante in una delle piazze della città vecchia ma non mi sembra che il menù fosse eccelso, ma buono il rapporto prezzo/qualità. Decidiamo di restare anche il giorno dopo, il posto ci piace, e la mattina Licia Laila e Alberto decidono di fare la risalita delle mura della città vecchia, tornando dopo alcune ore stanchi morti. Io sono stanco e nervoso e Licia non contribuisce alla serenità e come spesso succede cala il muro del silenzio tra noi. Cattaro ci ha veramente impressionato non solo per la bellezza del posto ma anche per la bellezza delle sue donne, specialmente le giovani, tante, belle, e molto europee nel vestirsi e nei loro modi di fare. E’ proprio vero che quando non conosci i posti o le genti, ti crei dei pregiudizi. |
17 agosto Mi sveglio ai primi bagliori e alle 6 sono già in moto, l’alba in quello scenario alpino è commuovente da quanto è bella, le montagne controluce sono scure, ma il cielo ha sfumature che vanno dal rosa al blu profondo, mentre le montagne illuminate dalla luce del sole hanno tutti i colori sgargianti dal bianco delle rocce al verde degli alberi. Dormono tutti, peccato, ma come si dice chi dorme non piglia pesci. Arriviamo a Budva (42°16’80N 018°50’35E) verso mezzogiorno e
con gran difficoltà riusciamo ad ottenere un posto in porto, solo con la
promessa di andare via se fosse tornato il suo “legittimo” proprietario.
Fortunatamente non è tornato e siamo restati due giorni. La città vecchia
(veneziana) è molto piccola, con le strade molto strette e tortuose, è
strapiena di gente, tanti locali e ristoranti. Mangiamo sotto un pergolato e un
cameriere molto gentile ci fa ridere più di una volta. Budva è la St.Tropez del
Montenegro, dove i ricchi russi vanno al mare. Il porto è strapieno e le barche
sono megayacht anche a tre ponti. In banchina auto di lusso e donne di lusso,
un bel vedere specie per la scarsità di stoffa addosso! bellissime donne, ma
che abbiamo soprannominato ... Budvane! La mattina dopo è dedicata alla cambusa, facciamo visita ad un supermercato poco lontano dal porto, e facciamo rifornimenti per il salto in Grecia. Pomeriggio di riposo sulla spiaggia e serata in città. Budva dipende dalla capitaneria di porto di Bar, e spesso le barche avevano i due nomi sulle loro poppe, ho fatto tutti morbidi con questa storia del Budvabar! :-)) |
19 agosto Partiamo abbastanza presto, verso le dieci, e ci trasferiamo a motore a Bar (42°06’ N 019°05’E) dove facciamo dogana e lasciamo il Montenegro; abbiamo circa 200 miglia da fare, saltando l’Albania che non mi attira proprio punto, per arrivare a Corfù. La navigazione procede bene, con un discreto vento portante che ci fa correre oltre i 7 nodi fino ad una punta massima di 8, ma una fastidiosa onda che arriva da lontano, probabilmente dovuta al vento forte del giorno precedente ci fa patire. Verso sera quando comincio i preparativi per la cena, si schianta la staffa del timone automatico. Come sempre, non vicino ad un porto poco prima dell’arrivo, ma all’inizio di una notte in mare, maledizione! Fortunatamente c’è Licia che si sacrifica e resta al timone mentre io inizio una ricerca di pezzi che mi aiutino a fare una staffa di fortuna. Smonto la vecchia staffa dal timone e sego via il pezzo inferiore, poi lo accoppio ad una staffa di allumino per l’antenna del VHF e faccio tre fori per bloccarle insieme, il tutto con strumenti a mano, trapano e seghetto. Dopo quattro ore, in cui ho lavorato fino all’ultima goccia di sudore, finalmente la nuova staffa viene installata sul timone e il pilota automatico torna al controllo della rotta. Licia è stremata come me, e Laila ed Alberto soffrono in silenzio il disagio creato dal poco vento e dal mare al traverso che ci fa ballare di brutto mettendo a dura prova i nostri stomaci. La notte passa veloce facendo i turni, e riesco anche a dormire per due ore, la mattina ci porta del buon vento, la barca si stabilizza e il mare si arrotonda, la navigazione si fa piacevole, e finalmente possiamo fare una ricca colazione. Verso mezzogiorno il vento cala e sale il gennaker, e, secondo voi quando un pesce decide di abboccare alla lenza che ci portiamo alla traina da 500 miglia? ma nel momento peggiore naturalmente: maledizione, proprio ora?! il tempo necessario a tirar giù tutto e a fermare la barca è sufficiente per dare al tono la possibilità di svignarsela e lasciare sul Rapala, che con grande tristezza mi rigiro tra le mani , due belle dentate. Arriviamo a Corfù, siamo in Grecia, si cambia bandiera di cortesia e dopo un tentativo di trovar posto nel piccolo porto vicino alla città, andiamo al Marina Guvia (39°39’N 019°51’E - 600 miglia percorse) dove arriviamo a buoi inoltrato. Restiamo a Corfù per tre giorni, visitiamo la città, anche lei con molte vestigia veneziane, inclusa una bella fortezza, si sente la vicinanza dell’Italia e la contaminazione sia nell’architettura che nei costumi. Incontriamo la Patrizia e Aronne, al loro ultimo giorno di ferie, passano con noi una mezza giornata, andiamo a fare il bagno poco distante, dove, udite udite, Aronne si fa una nuotata, anche se con l’aiuto del giubbotto di salvataggio, poi ci prepariamo un bel piatto di spaghetti che mangiamo in pozzetto con il tavolo ben apparecchiato all’ombra del tendalino il più bel ristorante del mondo! E’ stato un vero piacere incontrarli. |
22 agosto Laila e Alberto ci hanno salutato ieri sera, sono stati dei buoni compagni di viaggio, hanno resistito a tutti i disagi che la barca ed il suo capitano gli hanno inflitto, ma hanno anche goduto di posti meravigliosi e a volte di una buona compagnia che gli rimarrà a lungo nella memoria.
Licia ed io lasciamo Corfù e con una navigazione tutta motore andiamo a Paxos, nella baia a nord, Lakka (39°14’30N 020°08’00E), una bella baia chiusa con acqua pulita, ma abbastanza affollata. Passiamo una notte tranquilla all’ancora senza scendere a terra, come piace a me. Il giorno dopo ci trasferiamo nel porto di Gaios (39°11’88N 020°11’15E), un posto che mi era piaciuto nel 2002, e che è piaciuto tanto anche a Licia ora. Bisogna ricordarsi che se si vuole trovare un posto in banchina bisogna arrivare tra le 16 e le 17 quando tutti i barconi di turisti se ne vanno via. Buono il ristorante in fondo al porto, con una bella terrazza che guarda il mare.
25 agosto Torniamo a Corfù, tutto motore, è stata una estate particolarmente calda, con poco vento, e San Volvo ci ha veramente protetto. Licia comincia a fare musicchio, non gli va proprio giù di dover andare via, ora che cominciava a trovare una buona sintonia con la barca e il mare, e forse anche con me. Andiamo al porto dello Yachting Club NOAK, a sud della città (39°37’23N 019°65’60E - 700 miglia percorse). L’ormeggio si rivela molto ballerino, con una forte risacca per tutta la notte, ma la location vicino alla città è stupenda, andiamo a piedi in centro e mangiamo in un ristorante, purtroppo non degno di nota. La mattina dopo, 26 agosto, di buon ora accompagno Licia all’aeroporto, torna a Firenze con un gran magone, non ne aveva proprio voglia di partire. Ma sai com’è questo è il prezzo che si paga quando si è Business Woman! Grazie all’aiuto dello YC vado da un fabbro che in un paio d’ore realizza una nuova staffa in acciaio inox per il pilota automatico. Sostituisco il vecchio accrocco con questo splendore, adesso sono più tranquillo, quando si è soli l’autopilota è un accessorio indispensabile. Ormai è tardi e decido di passare la notte al Marina Guvia, così domani faccio l’uscita alla Capitaneria che è all’interno del Marina, e stanotte posso dormire in santa pace.
27 agosto Parto poco prima di mezzogiorno, sono solo, e mi sembra una cosa strana, che mi sia abituato alla presenza di Licia a bordo? Torno a Paxos, quasi tutto motore o vela e motore, provo a mettere la lenza per pescare, ma senza successo, accidenti a quel pescione che aveva abboccato, se solo lo avesse fatto 10 minuti prima... Arrivo all’ora giusta per trovare un buon posto in porto. Cena e a nanna. Il giorno dopo sento che sono veramente stanco, non ho voglia di mettermi in mare, è stato un mese intenso e i momenti di relax sono stati pochi, resto fermo in porto, ma talmente fermo che non faccio assolutamente niente in tutto il giorno, mi trascino dal pozzetto alla cabina e viceversa e la giornata passa in un attimo, a sera arriva accanto a me un bel Comet 50 Cinciallegra (Sasnautica.it) e faccio subito amicizia, sono due velisti, di quelli veraci, vanno ad Atene a prendere le mogli per una settimana di ferie. Mi offrono un ottimo aperitivo e passiamo un paio d’ore a chiacchiera, è facile fare amicizia quando si hanno le stesse passioni.
29 agosto Oggi il meteo prevede un passaggio di un leggero fronte, è nuvoloso e c’è vento, finalmente! Esco e su tutte le vele, il motore si spenge e il silenzio si diffonde, i soli rumori, pardon musica!, sono il vento la barca il mare, questo si che è godere. Vado a sud, verso Levkas, il mare è appena mosso, il vento tende ad aumentare, prendo la prima mano di terzaroli. Che corsa fantastica, un gran lasco a tutto genoa, vento tra i 18 e i 20 nodi e una velocità stabilmente oltre i 7 nodi, con una punta a 8, sono estasiato, ma anche un po’ teso, devo ritrovare i miei equilibri di navigatore solitario, e all’inizio non è facile. All’ingresso del canale in attesa che si apra il ponte, principale accesso al paese, incontro nuovamente Cinciallegra, anche loro vanno verso sud, ci salutiamo di nuovo, loro proseguono e io mi fermo alla Marina di Levkas (38°50’06N 020°42’70E). Il paese è abbastanza carino, tipicamente marino, è un posto per la villeggiatura, con tanti ristoranti e il lungomare. La marina è moderna, ma manca di fascino, incontro una coppia di svizzeri, con una vecchia barca a vela, anche loro stanno andando verso sud. Mangio al ristorante, ho voglia di pesce, ma non sono felice della scelta, peccato. |
30 agosto Me la prendo comoda, compro un nuovo comando per il salpa-ancore nel negozio del porto e lascio il Marina dopo mezzogiorno; appena fuori imbocco il canale che separa l’isola dalla terra ferma quando un motoscafo con un gran gesticolare mi fa segno di tenermi sulla destra, sta atterrando l’idrovolante che viene da Corfù, avete mai sentito parlare di un incidente frontale tra aereo e barca? bene, qua è possibile! Discendo l’isola con un vento leggero, non c’è mare, e vado lentamente, molto lentamente.. troppo lentamente. Ancora motore. Uscito in mare aperto trovo un vento quasi di prua con onda di un metro, la barca sbatte di prua e lascio randa e motore, voglio andare a Cefalonia, e anche se la mia teoria è quella di seguire il vento, la realtà è che quando mi metto in testa una cosa... mi faccio due ore di andatura molto scomoda e molto bagnata... predico bene e razzolo male! Sono ripagato all’arrivo da Fiscardo, (38°27’N 20°34’E - 800 miglia percorse) un golfo con un paesino delizioso, per metà banchinato con i ristoranti all’aperto e la poppa a pochi metri dai tavoli. Ormeggio di poppa, in uno degli ultimi posti, e con il nuovo comando dell’ancora rimandato in pozzetto mi permetto di fare un figurone. Cena a due metri dalla poppa, mi faccio perfino una foto, ma purtroppo il pesce è veramente da dimenticare. Notte da incubo, c’è un matrimonio in paese, l’unica piazza addobbata a festa con tutti i commensali a tavola, carino ho pensato io, senza considerare la Band pronta a suonare... a tutto volume fino alle 4 di mattina.. ma vaffan.. ma proprio oggi si dovevano sposare!
31 agosto Lascio Fiscardo, poco dopo mezzogiorno, con un po’ di amaro in bocca, un posto veramente delizioso, sciupato da una notte semi-insonne. Sarà per un’altra volta. Mi dirigo verso sud, in un primo momento sembrava che il tempo volesse regalarmi una bella in poppata, ma il vento cala fino a scomparire, ari-motore. Passo il golfo di Sami, la città principale dell’isola, non ho voglia di rischiare un’altra notte insonne. Scendo tutta l’isola e sono nel porticciolo di Poros, (38°08’N 020°46’E). Il portolano indicava lavori in corso, ma una volta tanto i lavori sono terminati e c’è una nuova diga foranea che chiude il piccolo golfo. Sulla sinistra entrando il nuovo attracco per i traghetti, e a destra una banchina dove con ancora si ormeggia di poppa, con acqua a disposizione ma senza elettricità. Conosco una coppia di inglesi, over 60, che sono fermi da alcuni giorni per un problema al motore, sono simpatici, e mi invitano a bere nella loro barca. Ha un armamento molto originale, con due alberi senza sartie e vele tipo giunca, mi dicono una rarità nel mediterraneo, ma con dei vantaggi incredibili nella gestione e nella conduzione con equipaggio ridotto. Come spesso mi accade mangio a bordo e non scendo a terra, il paese non sembra attraente, quindi perché sprecare energie, e poi... sdraiato sul divano dopo cena mi addormento di schianto.
1 settembre Passo alla capitaneria a lasciare il mio obolo e via ancora verso sud direzione Zacinto, distante 25 miglia per rotta 166°, il porto della città omonima si trova a sud est dell’isola (37°46’90N 020°54’50E). Arrivo nel primo pomeriggio e trovo una lunga banchina semivuota, faccio la mia solita manovra di ormeggio usando il comando del salpa-ancore portato in pozzetto, salto a terra con le cime in mano e voilà il gioco è fatto. Non appena ho finito arriva un solerte addetto che si presenta quale responsabile del porto e mi chiede il classico obolo, ok, va bene, ma almeno una mano l’avrebbe potuta anche dare! La città è grande e un tempo doveva essere stata un centro molto ricco e importante. Molti palazzi hanno linee classiche e molto “italiane” ci sono molti ristoranti con nomi italiani quasi a ricordare il legame che l’Italia ha con questa isola, patria del poeta Foscolo. Faccio una bella girata in bici, scelgo il ristorante dove andare a mangiare, compro Il corriere della sera, e torno in barca. Come è andata a finire? Spaghetti riscaldati in barca e addormentato di schianto sul divano! E un c’è più l’età per fare tutto !! |
20 settembre Oggi sono molto stanco, la notte è stata molto movimentata, con vento forte a raffiche che facevano intraversare tutte le barche, escluso Adventure perché ormeggiata all’inglese; ad un certo punto ho aiuto una barca in difficoltà, passandogli una cima dalla mia poppa alla loro prua, che ha sì risolto una situazione per loro critica, ma ha aumentato i rumori dentro la mia cabina, rendendo il sonno ancora più difficile. Le previsioni danno pioggia e temporali, poi la Capitaneria mi informa che è previsto un vento a forza 8-9, e la partenza è sconsigliata, decido di restare, tanto non mi rincorre nessuno. Durante la mattina passano molte persone dal piccolo molo e tutti mi salutano, nei paesi piccoli le persone sono molto più cordiali, poi una coppia che per molti anni ha vissuto in Belgio si ferma a parlare con me, rispolverando il mio francese maccheronico, scopro che hanno seguito tutte le fasi finali del mio arrivo con molto interesse; mi confermano anche che a poche miglia c’è il posto più ventoso di tutta l’isola (me ne ero già accorto, grazie!). Fortunatamente ho una buona connessione internet che posso usare a gratis anche restando in barca, così passo la maggior parte del giorno al computer, mail a cui rispondere e un po’ di lavoro, tanto fuori piove alla grande. Arriva in porto una strana imbarcazione a motore, lunga poco meno di 18 metri, che riesce ad ormeggiarsi in testa al molo; è una vecchia barca della seconda guerra mondiale, molto stretta, tutta in acciaio,con una scafo molto profondo, che è stata trasformata da uno svedese che se ne va a giro da solo per sei mesi l’anno e con cui, guarda caso, faccio subito amicizia. La tuga non è molto alta, e a prua dove c’era una torretta mitragliatrice adesso ci sono due poltrone in vimini a formare un salottino esterno. Lui è un tipo molto socievole e parlando di meteo lo aiuto a scaricare il programma Ugrib e installarlo sul suo portatile, oltre che ad insegnargli ad usarlo. La cosa più incredibile che mi ha raccontato è che va a fare gasolio in Tunisia perché costa pochissimo e visto la grande quantità che porta nei serbatoi gli conviene alla grande.
21 settembre Il vento è calato la giornata molto grigia, pioviscola, ma che strana coincidenza, il tempo è cambiato dall’estate all’autunno con un puntualità disarmante. Decido di partire, e finalmente la mia rotta va verso sud, così se dovesse arrivare un’altra sventolata me la prenderei di poppa; invece no, il vento è leggero si va a vela e motore, arrivo davanti a Patmos, sono tentato di fermarmi, il posto mi era piaciuto tantissimo, ma non voglio sciupare un’altro bel ricordo, e poi voglio guadagnare un po’ di miglia verso sud. Alla fine decido di proseguire fino a Porto Lakki, a Leros (37°07’73N 026°51’10E distante 40nm), la più italiana delle isole del Dodecaneso, dove sembra di essere tornati all’era del ventennio, con tantissime case fatte in quello stile, ricorda un pò Tirrenia, altra perla del fascismo. La Marina di porto Lakki è piena, ma una seconda è in costruzione proprio davanti, trovo un buon posto ormeggiato di poppa, con luce ed acqua, finalmente posso fare un po’ di rifornimenti e anche il bucato. Appena metto la passerella una gatta (la rossa) in modo poco pudico per un primo incontro, sale a bordo fa il suo giro di ispezione e finisce per venire a strusciarsi alle mie gambe... ma cosa farò io alle femmine per attirarle così? Questa nuova marina quando sarà finita sarà molto bella, protetta da un collina che stanno in parte scavando per usare il materiale per la costruzione della diga foranea, all’interno di un golfo verde e profondo. Hanno tariffe molto economiche, per il periodo dei lavori, e molte le barche con persone che vivono a bordo, naturalmente faccio amicizia, e in tanti mi danno i loro biglietti da visita, tutti rigorosamente barcaioli, sento proprio la mancanza di uno, e decido che appena possibile me li devo far stampare anche io. Resto due giorni, e raccolgo molte informazioni sul posto, considero anche la possibilità di lasciarci la barca, hanno ottime tariffe, e ci sono diverse barche italiane a terra nel piazzale, (lerosmarina.gr), ma voglio sostituire il vecchio ponte in Teak e tutti mi consigliano di farlo in Turchia, alla fine decido di partire.
24 settembre Anche oggi c’è poco vento, che lo abbia consumato tutto io ad Ikaria? di certo il tempo è cambiato, spesso nuvoloso, e anche la temperatura dell’acqua comincia a scendere sotto i 24 gradi, l’estate è finita davvero. Passo davanti a Kalimnos, Vathi mi attira dentro, è un fiordo naturale stretto tra due pareti di roccia altissime, dove alla fine c’è un molo ed una “piscina naturale” formata dalle pareti di roccia da una parte e il molo e il mare aperto dall’altra, un vero sballo; mi ormeggio al posto dell’ultimo barcone porta-turisti che sta uscendo, con poppa rivolta verso il fiordo, da dove arriva il vento che come sempre di sera rinforza prima di calare dopo il tramonto. Una scelta dettata dall’esperienza della volta precedente, e che viene copiata da un paio di barche che avevano problemi di ancora. Erika, una gran bella barca di 50 piedi, è piena di simpatici tedeschi con cui, senza volere, faccio amicizia. Mi invitano anche a bere, loro birra, io vino, e finiamo per cantare canzonacce da birreria tedesca (scherzo). Faccio anche un bel bagno, dicendomi che probabilmente sarà l’ultimo della stagione.
25 settembre Faccio una lunga passeggiata intorno al fiordo, risalendo lo sperone opposto al per scattare alcune fotografie e una ripresa video. Il mare si addentra tra le pareti rocciose del fiordo quasi come una lama, tutto attorno colline rocciose brulle di un colore grigiastro ed al centro questa valle lunga 4/5 km, larga all’inizio poche centinaia di metri e alla fine forse un chilometro, molto rigogliosa, con molti alberi da frutto, ed in lontananza una coltivazione di arance e altri agrumi. Mi ricorda una di quelle oasi che spuntano dal niente nel deserto del Sahara: Ouarzazate in Marcocco, visitata tanti tanti anni fa.
Saluto i miei nuovi amici e con una discreta brezza, 18 nodi, con tutta randa e fiocco mi trasferisco alla Marina di Kos (36°53’70N 027°18’02E), una grande isola con un bel porto al centro della città e una comoda marina moderna ed efficiente, per niente cara, (23€ al dì) con tutti i servizi funzionanti. Posso finalmente dedicarmi alla pulizia di Adventure che da molti giorni trascuro, l’acqua non manca ne il sapone, forse manca l’olio di gomito, ma un piccolo sforzo lo si deve pur fare. Kos è un luogo pieno di reperti storici, rovine ed anfiteatri molto belli tra cui L’Odeum romano, che risale al I o II secolo d.C. che veniva utilizzato per le competizioni musicali o per le sedute del Senato e che vale la pena visitare. Vado in città a piedi, ho bisogno di camminare, le gambe in barca si muovono poco e si tende a perdere tonicità velocemente. La città ha delle belle mura ed un forte ancora ben conservato, il porto è stato recentemente ristrutturato ed offre ora (entrando a sinistra) una serie di banchine dedicate al diporto con acqua e luce (se lo avessi saputo prima mi sarei ormeggiato qua), mentre da evitare tutto il resto del porto dove i caicchi fanno da padroni. Ci sono molte moschee e minareti e l’influenza turca è evidente ovunque, comincio a sentire l’attrazione dell’oriente e sento crescere in me il desiderio di ripartire. Vado a fare un controllo all’ospedale, come mi aveva consigliato il medico di Siros, la paresi è migliorata ma ancora non ho il controllo completo dei movimenti delle labbra. Trovo un medico molto scortese che quasi si stupisce della mie affermazioni quando gli dico che è stato un suo collega a suggerirmi questo controllo, e mi liquida in modo brusco e frettoloso. Peccato, avevo un ricordo così positivo dell’assistenza medica in Grecia, sciupato da un cafone.
26 settembre E’ una giornata molto grigia, il vento soffia tra le sartie delle barche creando quel suono tanto amato dai velisti, come lo sbattere ed il tintinnare delle drizze, il meteo non è dei migliori, deve passare una perturbazione che ha però il vantaggio di portare con se venti dai quadranti sud. Esco dal porto e ben protetto dal molo tiro su la randa con una mano di terzaroli metto tutto in chiaro e apro il fiocco, la barca accelera non appena mi metto in rotta con le vele a segno e con grande disinvoltura, con autopilota, mantiene velocità tra i 7 e gli 8 nodi. Finalmente una giornata di vela riposante oltre che gratificante, attraverso lo stretto che divide Kos dalla Turchia, sono appena partito e sono già arrivato, cala la bandiera di cortesia greca e sale quella turca. Sono a Turgutreis, una nuova marina (37°00’07N 027°15’36E e 1300 miglia fatte) ben identificabile dal nome scritto in grande sul lato della collina dietro al porto. Il mio portolano vecchio di 6 anni non ne faceva menzione, ma grazie alle indicazioni avute a Leros, e alle immagini di Google Earth mi ero fatto una chiara idea di dove e come fosse disposto il suo ingresso. Chiedo un posto via VHF e subito un gommone mi accoglie all’ingresso e mi aiuta ad ormeggiare in un bel pontile dotato di fingers. Dopo aver sistemato gli ormeggi mi dirigo in capitaneria per chiedere informazioni per l’entrata di Adventure in Turchia, e qua si impone una riflessione. Come sono strane le cose legate alla burocrazia, un’ esempio a caso: le dogane. Nei paesi con tradizioni totalitarie gli aspetti formali hanno una grande importanza, in Croazia ad esempio i doganieri austeri e seri ci controllano tutti i documenti, i timbri ci devono essere tutti e nell’ordine giusto, si deve fare prima dogana in un posto e poi recarsi in Capitaneria per il permesso di navigazione in un’altro. In Montenegro idem, ma con il sorriso sulla bocca, e nonostante l’evidente ristrettezza dei mezzi, il tutto viene fatto con maggior rapidità ed efficienza. In Grecia, barando un po’ e dichiarando che siamo in arrivo dall’Italia, non facciamo dogana ma solo la registrazione in Capitaneria, una ragazza carina e cortese, un timbro e via. Ed ora la Turchia: la dogana chiude per pranzo, e quando mi presento mi suggeriscono di tornare dopo le tre. Ci ritorno, ma a quanto pare troppo tardi perché il medico non c’è e non posso fare il controllo medico (che consiste in un timbro). Comincio a preoccuparmi immaginando chissà quali complicazioni, quando, parlando con il doganiere gli dico che sono di Firenze e la prima cosa che mi dice: Fiorentina?! Fatih Terim! (allenatore turco che ha allenato la squadra per circa un’anno) e poi mi chiede quale sia l’altro nome della squadra, mi vedo già in galera per non avere la risposta alla sua domanda, quando di colpo mi ricordo che la Fiorentina si chiama anche Viola! Allora si che sorride!! Insomma finisce a taralluci e vino, e mi dice che per la dogana posso passare domani, quando voglio che tanto va bene uguale!!! Ero quasi tentato di non farla e buona notte!
27 settembre La mattina faccio dogana e poi incontro Citak, un contractor turco che ha fatto il ponte in Teak alla barca di Claude, un francese conosciuto a porto Lakki. Parla poche parole di inglese e ne capisce ancora meno, e i nostri dialoghi sono un vero spasso, il più delle volte gli parlo in fiorentino, tanto non si accorge della differenza! Mi accompagna nella zona dei cantieri dove farà il lavoro, a nord est di Bodrum; il cantiere ha in costruzione un grande caicco e all’aperto, in uno spiazzo sterrato, ci sono molte barche in rimessaggio. Non sono del tutto convinto del posto, quando sento parlare italiano e faccio conoscenza di due ragazzi, Alessandro, e Fausto che lavora quale Project manager per la costruzione di un grande caicco per un cliente italiano, dopo un po’ ci scambiamo i rispettivi numeri di cellulare. Resto a Turgutreis per altri due giorni, ho qualche lavoretto da fare, in barca non si sta mai con le mani in mano, conosco il mio vicino di barca, un tedesco che parla italiano abbastanza bene perché per alcuni anni ha tenuto la sua barca a Castiglion della Pescaia proprio dove per quasi dieci anni sono stato anch’io con le mie precedenti imbarcazioni. Finisce che facciamo amicizia e lo invito una sera a cena dove con ottima bottarga e ottimo olio extravergine (produzione propria) gli spaghetti che servo mi fanno fare un gran figurone. Contatto anche i miei nuovi amici italiani e fisso con loro un appuntamento per il giorno dopo a Bodrum.
29 settembre Lascio il porto intorno alle 10 e con un filo di vento mi ingaggio con altre barche tutte di charteristi, tra i 40 e i 45 piedi e subito mi sento in regata, ma il fiocco non tira e le loro poppe si allontanano. Aspetto di scapolare la punta del promontorio che dà accesso al golfo di Bodrum, e grazie al cambiamento di rotta e all’aumento del vento, posso mettere il gennaker. In men che non si dica raggiungo e passo tutte le barche, molto vicino e sottovento, lasciandoli di stucco quando si rendono conto della dimensione della barca e che a bordo sono solo (si è vero, l’ho fatto apposta). Dentro al golfo il vento rinforza, supera i 12 nodi (vento apparente) al lasco e la velocità si stabilizza intorno ai 7,5 8 nodi, dietro Adventure la scia crea delle onde quasi da motoscafo; il vento rinforza e decido di togliere la randa, visto che mancano poche miglia all’arrivo. So che avrei dovuto fare l’incontrario, ma il godere è tanto, e me lo voglio gustare fino in fondo. Il vento sale 14, 16, 18, 20 nodi. Il mare è piatto Adventure dolcemente inclinata di 18° la vela che sfiora l’acqua, il vento che si scarica dalla sua base increspa l’acqua e provoca quella deliziosa musica che tanto assomiglia ad uno leggero scoppiettio della brace di un camino quando ci soffi sopra, la velocità è spesso oltre gli 8 nodi, dietro un’onda che cresce al mio passaggio. In qualche modo riesco a fare finalmente una bella ripresa video che potrò orgogliosamente mostrare ai terragnoli al mio ritorno. Il bello però ha da venire, e per togliere il gennaker faccio non pochi numeri, inclusa una bella straorzata, quando costretto a lasciare la barra al pilota automatico, non riesco a sparare la scotta perché non raggiungo la cimetta dello sblocco, nonostante avessi avvicinato la bugna cazzando quanto più possibile la scotta. Tutto bene quello che finisce bene e al secondo tentativo porto tutto a bordo senza mandare niente in acqua; entro in porto a Bodrum (37°01’80N 027°25’44E) con quella gioia dentro che solo chi va in barca può apprezzare. Nel pomeriggio incontro i miei nuovi amici italiani, e finisce che Alessandro, che voleva prendersi qualche giorno di ferie, si offre di accompagnarmi fino a Marmaris, e la sera stessa si trasferisce in barca. Sono abbastanza contento di questo fuoriprogramma, anche perché domani è previsto un bel Meltemi.
30 settembre Ci svegliamo presto e facciamo tutte quelle cose che precedono la partenza, verifica dei livelli al motore, rabbocco eventuale, pieno acqua, controllo dell’attrezzatura etc. etc. e per finire la colazione e solo verso le 9 e mezzo lasciamo gli ormeggi. Il cielo è grigio e un vento fresco quasi frizzante ci saluta non appena usciamo dalla copertura della collina retrostante il porto, circa 15 nodi, lascio tutta randa e il fiocco, e con il Meltemi che ci arriva al gran lasco non si sente troppo lo squilibrio causato dalla contenuta dimensione della vela di prua. Rotta per 190° direzione la punta del promontorio della Datca a circa 20 miglia di distanza. L’andatura è gagliarda e il Meltemi in costante aumento. Sfiliamo lungo la costa della penisola con un vento oltre i 20 nodi quando metto la prima mano alla randa, con velocità costantemente oltre i 7 nodi. Giriamo intorno al promontorio e piano piano ci ritroviamo con il vento al traverso per rotta 083° con direzione la costa nord di Simi. Alessandro è un buon compagno di viaggio, si rende utile quando richiesto, e sa stare in barca, ha anche un buon polso per il timone. Con il Meltemi ormai fisso sui 25 nodi Adventure esprime il meglio di se con questa andatura al traverso che ci fa surfare sulle creste di un mare forza 4, una gran bella prova, anche in considerazione del piccolo fiocco a prua. Ormai vicini a Simi ci prendiamo un paio di rafficone che ci fanno letteralmente volare e tocchiamo la velocità massima raggiunta in questa crociera 9,09 nodi ! ed io sono orgoglioso come un padre di un figlio. Giriamo intorno all’isola di Nimos che lasciamo alla nostra dritta, non me la sento di fare l’attraversamento dello stretto passaggio tra le due isole, ed entriamo nel golfo che porta a Simi, un bel paese ci accoglie con le sue casette tutte quasi uguali come fossero state disegnate dalla mano di un bambino. Stranamente il porto è pieno e non troviamo posto in banchina, è la prima volta che mi succede, deve essere una località molto gettonata. Ci ancoriamo alla ruota nella baia accanto davanti a un bel ristorantino e usiamo il gommone per andare a cena. I ristoratori sono molto carini e parlano un buon inglese, facilitandoci la vita e finalmente consumiamo un’ottima cena ad un prezzo onesto. |
1 ottobre La mattina vado prima a far dogana e poi in capitaneria per l’uscita dalla Grecia di Adventure, senza far menzione del mio ospite che non voleva rompersi l’anima di dover poi rientrare in Turchia il giorno dopo. Un clandestino a bordo!! Ormai posso considerarmi alla stregua dei contrabbandieri di uomini che con i loro gommoni attraversano il mediterraneo con il loro carico di clandestini, ma questa volta all’incontrario, porto un’ italiano in Turchia! Lasciamo Simi, un’isola diversa dalle altre, ed il desiderio di tornare, magari la prossima estate, per esplorare i tanti approdi che sembra offrire questo bellissimo posto. Il vento è leggero e procediamo lentamente, ma nessuno ci corre dietro, arriviamo a scapolare Capo Karaburun, un’altra penisola di questa frastagliatissima costa turca. Così ridossati il vento cala ancora e nonostante il ridotto piano velico superiamo con facilità alcune barche di charteristi di 42 o 44 piedi che pur con il genoa a riva non riescono a tenere la nostra velocità. Alessandro è ben impressionato dalle doti di Adventure, che a prima vista non fa intendere di essere uno scafo così performante in tutte le condizioni di vento e mare. La costa turca è piena di insenature, golfi, anfratti, che segno sulla carta per poter visitare la prossima estate, alcune hanno anche possibilità di ormeggio offerto da ristoranti stagionali, un po’ come succede in Croazia. Arriviamo all’ingresso del golfo di Marmaris (36°51’04N 028°16’63E) e il vento diventa contrario, così procediamo a motore, nel frattempo comincio a sistemare le cose per l’ormeggio, e lentamente arriviamo all’ingresso del porto, una bella marina Netsl Marina (www.netselmarina.com), che mi fa subito una buona impressione Una volta ormeggiato sento la classica stretta al cuore quando mi rendo conto che sono arrivato: ho avuto la fortuna di godere di questa passione e questo amore per il mare e per Adventure, con i suoi alti e bassi, ma che mi ha dato molto di più di quanto io stesso sperassi, sono stati due mesi in cui ho recuperato tutte le mie energie sia materiali che fisiche, ritrovando quell’equilibrio che era stato messo a dura prova dagli ultimi tre anni, tra i più duri della mia vita. Mi rendo anche conto che tra poco dovrò lasciare Adventure nelle mani di chi la violenterà, strappandole la pelle, il vecchio teak, ormai finito e donandole uno nuovo, ed io non sarò con lei ad accudirla e a consolarla. Speriamo bene. |
Ottobre 2-10 Salutato Alessandro che torna a Bodrum, mi dedico completamente al progetto Teak, facendomi fare alcuni preventivi, ed alla fine opto per il piccolo cantiere che è all’interno del marina, che mi ha fatto un ottimo preventivo, oltre che una buona impressione. Dedico anche molto tempo al progetto cappottina, cagnaro, oltre che bimini, tre cose che vorrei rinnovare o fare ex-novo, e che da un punto di vista costi sono sicuramente molto convenienti. Certo bisogna fare a fidarsi e sperare che vada tutto bene. Marmaris è un posto turistico molto importante, nel golfo ci sono diverse marine e la recettività supera i 2000 posti barca, una buona cantieristica, e discreti collegamenti. Settimanalmente attraccano al molo esterno enormi navi da crociera della Costa o MSC che sbarcano migliaia di croceristi, ma a me non danno noia, fanno folklore. L’aeroporto di Dalaman dista solo un’ora di auto, e con collegamenti giornalieri su Istambul si va dove si vuole. C’è anche l’aeroporto di Bodrum, a due ore, che in estate offre collegamenti charter diretti su alcune città italiane. Un collegamento con un catamarano veloce in un’ora ti porta a Rodi, e da li un’altro aeroporto offre collegamenti a buon mercato con tutta Europa. Marmaris è anche una grande città, quindi si trova tutto di tutto, e vastissima è la scelta di negozi di nautica, ricambi, e tutti i servizi necessari per la nautica da diporto. Purtroppo un terremoto negli anni cinquanta l’ha praticamente rasa al suolo, perdendo molto del suo fascino orientale, e la ricostruzione, tipica del periodo, non è tra le più belle, come una brutta periferia italiana. C’è una bella passeggiata lungomare, tanti ristoranti, un gran bazar, e tanti giovani, come conseguenza ci sono anche molte discoteche, e la sera il rumore arriva fino alla marina, speriamo che d’estate non sia un problema, perché ora la sera l’aria è fresca e io tengo gli oblò tutti chiusi. I giorni passano velocemente e la preparazione della barca, togliendo tutto facendolo sparire dentro i gavoni, oltre che le normali cose di fine stagione, mi impegnano al 100%, ma sono in forma e anche il problema della paresi facciale è completamente superato, finalmente! Trovo anche un guardiano per Adventure, un ex militare che ha il compito di controllare un bel Gran Soleil 46, tutto rifatto a nuovo, di un italiano, che è ormeggiato quasi davanti a me, ed il prezzo è veramente onesto (500€/anno). Mi sento più tranquillo, e il 10 ottobre, quando devo partire la mattina presto per prendere l’aereo, mi accompagna all’aeroporto.
In 58 giorni ho percorso 1400 miglia, 700 con Licia e amici e 700 da solo, così finisce anche questo lungo Diario di Bordo di Adventure, in attesa che un’altro anno arrivi e che altre avventure e nuovi orizzonti ci portino a solcare mari sconosciuti, visitare nuovi luoghi, conoscere nuove genti, fare nuove amicizie.
Buon Vento
Claudio
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